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Registrato: 22/07/07 07:04 Messaggi: 6389
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Inviato: Ven Mar 06, 2015 7:30 am Oggetto: Brevi note sul Reportage |
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In queste note brevi non mi soffermerò sulla tecnica ne sull’attrezzatura o quanto può servire da un punto di vista strettamente tecnico. Mi soffermerò su alcuni elementi di storia per definire quello che è l’atto preparatorio al racconto e sul costrutto grammaticale dell’immaginifico.
Sappiamo tutti che fare reportage significa raccontare una storia. Vediamo che tipo di storie si possono raccontare con il reportage. Sicuramente il reportage rappresenta in sequenza iconica un fatto che sta avvenendo.
Raccontare una storia con le immagini è un sistema antico, basti pensare ai dipinti nelle chiese, agli arazzi, ai manoscritti illustrati.
[©foto Andrea Manes]
Con la nascita della fotografia il racconto diventa documento con una funzione sociale ben precisa. Il documento, come riporta David Bate nel suo magnifico saggio “il primo libro di fotografia”, si sviluppò dopo la prima guerra mondiale, puntava a mostrare in modo informale, la vita quotidiana di gente comune ad altra gente comune.
L’idea di mostrare il “quotidiano” di un gruppo di persone prese piede rapidamente e rimane ancora oggi una componente significativa della moderna comunicazione di massa.
La nascita del racconto documentario è storicamente collegabile alla crescita della stampa su vasta scala. Basti pensare, quando negli anni Venti-Trenta iniziarono ad invadere il mercato le riviste popolari illustrate come “LIFE” negli Stati Uniti, “PICTURE POST” in Gran Bretagna, “DRUM” in Sud Africa, e tante altre ancora. Questo fenomeno alimentò un flusso costante di nuove storie, documentari e di vita quotidiana.
[©foto Ivana Triossi]
Il fotografo che operava nel campo dei “Nuovi Media” dell’epoca aveva il compito di rifornire le riviste e i giornali per illustrarne le loro pagine.
Questa domanda di immagini accelerò la nascita e la crescita dell’industria fotografica e dei fotografi reporter, che iniziarono a rivestire un ruolo importante nel processo di produzione delle riviste (nacquero le prime agenzie fotografiche).
Questo lavoro di documentazione non si proponeva solo di registrare e documentare, ma anche di educare “creativamente. Le nuove riviste illustrate si diffusero rapidamente in tutto il mondo, il fotografo veste i panni del nuovo giornalista reporter, che raccoglie immagini attraverso informazioni e ne sviluppa storie, realizza sequenze che raccontano con una minima parte scritta, contestuale ed essenziale.
Prevalentemente queste storie, mostravano il mondo in movimento e pieno di vita, rappresentato da gente in azione: mostrata sorridente o dall’’aria arrabbiata, intenta a “fare “ qualcosa.
[©foto Ivana Triossi]
Diventa sempre più importante il controllo editoriale. L’impaginazione delle fotografie contribuiva ad organizzare la storia, la disposizione delle immagini divenne un mezzo importante per raccontare al meglio.
Basti pensare, che l’arte creativa dell’impaginazione spesso non era nelle mani del fotografo, ciò significava che i contenuti che rappresentava, erano al difuori del controllo del fotografo stesso.
Questa divisione all’interno del lavoro editoriale – il fotografo cede il controllo delle proprie foto ai redattori – spesso evidenziava il conflitto d’interesse tra ciò che il fotografo vedeva o intendeva dire e ciò che esigeva la rivista.
Il controllo editoriale è una questione chiave e il conflitto tra fotografo e redattore, circa il significato della fotografia, rimane ancora oggi di fondamentale rilievo per i fotografi di reportage.
La questione del controllo e del significato associata al desiderio di affermazione, portò i fotografi a pubblicare il proprio lavoro in forma di libri fotografici, questo rappresenta l’inizio del reportage vero e proprio.
[©foto Ivana Triossi]
Facciamo subito una distinzione tra fotografia di tipo “naturale” documentale, che mostra lo stato di qualcosa, e il reportage: il reportage usa sia gli eventi e sia i processi per mostrarli come esperienze di una storia di vita. Premesso che per realizzare un reportage bisogna avere le idee chiare su cosa vogliamo raccontare, affrontare la storia con consapevolezza e distacco, in modo da vedere la vita degli altri con spirito critico, oppure essere parte attiva con coinvolgimento emotivo.
Possiamo codificare il reportage in infiniti momenti, può durare una giornata, oppure un percorso temporale ancora più lungo.
Non bisogna dimenticare mai che raccontare una storia con la fotografia è esattamente come scrivere un libro. Per raccontare di una persona bisogna necessariamente cogliere le emozioni, mettersi in rapporto con gli altri, analizzare gli avvenimenti importanti che ne hanno caratterizzato l’esistenza, “invadere” spazi vitali.
[©foto Ivana Triossi]
Il reportage può essere realizzato ovunque, è importante che le foto rappresentino le persone, la gente o più direttamente i soggetti attori all’interno di uno spazio che può essere più o meno grande, senza escludere però la possibilità di documentare il luogo senza il o i protagonisti.
Walker Evans sosteneva che il racconto fotografico doveva essere un costrutto fotografico della società, tra oggetti persone e cose.
La fotografia di reportage si muove dunque tra arte e fotogiornalismo, tra trattamento creativo e attualità.
Sebastiano Porretta, Docente di Storia della Fotografia, definisce il reportage come un genere fotografico che si occupa di indagare e documentare vari aspetti della realtà, sostituendo alla parola scritta la sola forza comunicativa delle immagini.
Le immagini, dunque, sono collegate tra di loro secondo la visione personale dell’autore, al fine di costruire un discorso unitario e sintetico.
Questo processo comunicativo ha le sue regole, utilizza una grammatica e una sintassi esattamente come il linguaggio parlato o scritto, e come queste forme di comunicazione ha i suoi codici e regole dettate dalle tradizione, dall’uso e dalla fruizione.
Il fotografo rimane soggetto attivo del processo comunicativo, è al tempo stesso portatore di una sua personale memoria della cultura di cui è erede, pertanto è l’unico responsabile della sua interpretazione, attraverso la scelta del fotema o grafema significativo.
Il reportage, concludendo, costituisce la vocazione per eccellenza della fotografia stessa. Se, infatti, la singola immagine fotografica finisce per costituirsi come un insieme di segni legati alla tradizione pittorica, il reportage si caratterizza per la sua specificità, che a molti apparve e appare tutt’ora come la funzione più adeguata e coerente per esprimere le potenzialità del mezzo fotografico. |
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ivana triossi SOCIO SOSTENITORE
Registrato: 29/03/09 09:52 Messaggi: 823 Residenza: s.agata s.s. (RA)
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Inviato: Mer Mar 23, 2016 6:17 pm Oggetto: |
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io non avevo visto questo post, è stato per caso che ora l'ho aperto, è molto interessante (e l'utilizzo di molte mie foto mi lusinga un bel pò). non c'è la firma e mi piacerebbe sapere chi l'ha scritto:) |
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ivana triossi SOCIO SOSTENITORE
Registrato: 29/03/09 09:52 Messaggi: 823 Residenza: s.agata s.s. (RA)
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Inviato: Mer Mar 23, 2016 6:19 pm Oggetto: |
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forse sempre di Angelo Orsillo? |
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Antonio Perrone Torkio STAFF
Registrato: 15/11/06 12:34 Messaggi: 7913 Residenza: Guidonia (RM) - Torchiarolo (BR)
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Inviato: Gio Mar 24, 2016 6:05 am Oggetto: |
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ivana triossi ha scritto: | forse sempre di Angelo Orsillo? |
si Ivana, era uno spazio che curava Orsillo _________________ Abbiate pazienza, sto cercando di imparare a mettere a fuoco...
il mio nuovo sito: www.antonioperrone.com |
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ivana triossi SOCIO SOSTENITORE
Registrato: 29/03/09 09:52 Messaggi: 823 Residenza: s.agata s.s. (RA)
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Inviato: Gio Mar 24, 2016 6:47 pm Oggetto: |
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grazie antonio, chissà che non riprenda a scrivere... |
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Angelo Luppi
Registrato: 23/08/15 07:13 Messaggi: 213
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Inviato: Sab Mar 26, 2016 10:02 pm Oggetto: |
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Un contributo molto interessante, tanto nel testo, quanto nelle fotografie. ^A^ |
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