Era il tempo lontano in cui i pirati e i corsari saraceni facevano incursione sulle coste versiliesi. Per paura delle loro ruberie e delle distruzioni, un pescatore lasciò la sua capanna sulla riva del mare, insieme ai figli ancora piccoli, cercarono rifugio per boschi e nelle grotte delle Alpi Apuane. Dopo molte ore di cammino, i bimbi esausti implorarono il padre di fermarsi al riparo di un grosso castagno per riposare. La notte era ormai prossima. Sotto l’albero e coperti con il manto del pescatore, i piccoli non riuscivano a dormire dalla paura e dalla stanchezza accumulata. Il padre cominciò a raccontare storie di principi e cavalieri, di fate e animali alati ma senza successo, i bimbi lo guardavano ancora dietro i loro grandi occhi sbarrati. Solo il canto di una antica ninna nanna accompagnò padre e figli verso un sonno duraturo e profondo. Intanto dal mare in burrasca, nubi cariche di pioggia avanzavano veloci verso le Apuane. Lampi terribili e venti di bufera giunsero ben presto su quelle cime. All’improvviso una folgore colpi l’enorme castagno, non risparmiando la famiglia del pescatore. Finita la tempesta lo spirito della montagna si commosse per quell’ingiusta fine e così volle trasformare i loro corpi innocenti in rocce immortali. L’alto torrione del monte Procinto non è altro che il padre pescatore, mentre i figli... “i bimbi†sono le piccole guglie calcaree che si elevano li vicino.